Al semaforo

6 ottobre 2018

Mi avvio come ogni mattina sulla via sotto casa, che poi è una scalinata trasandata.
Tutti i giorni così: esco da un portone che non si chiude nemmeno volendo ma che “verrà sistemato presto” – mi aveva detto la padrona quando ero entrato nel suo appartamento – esco da quel portone, dicevo, e mi avvio sulla scalinata trasandata che è la mia via sotto casa.
Il mondo inizia a sinistra della scalinata ed è in discesa, porta verso il centro.
Finisco di costeggiare i palazzi brutti e scrostati ed inizio a passare in mezzo a quelli belli. Scrostati pure loro.
Stamattina mi sta scrivendo lei, sempre lei, la ragazza del maestro di sci; negli ultimi anni va così. Mi scrive ogni giorno per ricordarmi quanto io non sia abbastanza e io, non so perché, glielo lascio fare.
Dio come mi sono ridotto.
Ogni dieci passi di marciapiede una stradina. Le attraverso voltandomi a sinistra per guardare dove portano: sono tutte salite maledettissime che sicuramente sbucano nella piazza del quartiere serbo.
Un’occhiata la butto sempre anche a destra, qui hanno una guida aggressiva.
C’è un bel sole e me ne accorgo mentre passo davanti all’armeria-arceria che ogni giorno vorrei fotografare. Per mostrarla a Gimmi Gioi, non per altro; immagino perfettamente la sua reazione.
Immagino, immagino, però la foto non la scatto mai. Non voglio passare per turista, in questa città cui non appartengo.
C’è proprio un bel sole, diavolo, non l’avevo calcolato; già sto sudando e non ho nemmeno iniziato ad esistere.
Potrei togliere la giacca ma ho una borsa a tracolla e sotto indosso solo una maglietta, tutto sommato va bene così.
Ormai la strada la conosco bene, tra poco devo attraversare, la traversa che porta al vialone è sull’altro lato.
Mi avvicino alle strisce, il semaforo è rosso ma non sta passando nessuno, in casi del genere a noi italiani è concesso ignorare le regole.
Una signora minuta ed accaldata mi affianca; io tanto piccolo non sono ma lei non credo arrivi al metro e cinquanta.
Si ferma nella mia ombra, proprio quella cerca. Si ferma e mi guarda compiaciuta, quasi rinfrescata, sorridendomi come a ringraziarmi della gentilezza.
Abbandono per un attimo la mia italianità e le mie conversazioni, senza particolari rimpianti.
Abbandono per un attimo la mia mattina alla signora che cerca rifugio nella mia ombra.
Sorrido e dico niente, aspetto il verde.