Giovannina

11 Marzo 2020

Mia madre mi ha invitato a cena.
All’inizio ho gentilmente declinato sostenendo che le mie quantità erano incompatibili con la sua cucina, poi però lei ha insistito toccando i tasti giusti.
“Ho un sacco di pollo!” ha esclamato estraendo entusiasta mezzo chilo abbondante di filettini dal freezer.
Una madre sa sempre. A quel punto non ho potuto che cedere.
E ha cucinato un arrosto morbidissimo con rosmarino, timo e spezie varie che sembrava di mordere una nuvola di rosmarino, timo e spezie varie.
Il paradiso. Soprattutto se confrontato con quello che avrei ottenuto io partendo dagli stessi elementi.
Nel piatto di mia madre c’era un tondino di pollo, nel piatto di mio padre ce n’erano tre, nel mio diciassette.
A mio padre, uomo sveglio, il dettaglio non è sfuggito: ha immediatamente evidenziato la differenza di trattamento e sottolineato quanto la sua faccia fosse scavata.
“Poi ti lamenti che sono magro..” bofonchiava toccandosi le guance con fare drammatico.
Ho dovuto concedergli un paio di pezzi dei miei per farlo smettere.
Lui era contento perché aveva ottenuto ciò che voleva, io ero contento perché era contento, mia madre era contenta e basta.
Il che è bello e istruttivo.