Il caffè come lo fa Stefano non lo fa nessuno.
Puoi usare lo stesso caffè, la stessa caffettiera, imitare ogni suo gesto, usare i suoi stessi quantitativi, i suoi stessi tempi ed i suoi stessi modi, non ti uscirà mai un caffè come il suo.
Dagli Scialomi ho imparato che il caffè è un’arte delicata.
Tutto parte dal barattolo, il Quattro Stagioni Bormioli Rocco, che va bene di qualsiasi dimensione purché lo si chiuda a dovere, perché “non deve entrare troppa aria, senti che buon odore che esce”.
Ad estrarlo dall’armadio è quasi sempre Rita, che però si limita ad appoggiarlo sul piano e, senza dire nulla, lascia che sia Stefano a fare tutto il resto.
In cucina Rita è regina tanto quanto Stefano è uomo, però il caffè lo fa Stefano ed è perfettamente naturale che sia così. Nessuno dice nulla perché ciò avvenga e nessuno direbbe mai nulla per impedirlo.
Stefano lavora in silenzio, chino sulla caffettiera che osserva di sbieco da sopra gli occhiali, accarezzando chirurgicamente col cucchiaino la composizione di polvere marrone che ha appena creato, tanto casuale quanto perfetta.
Il cucchiaino lo tiene in mano, gli servirà tra non molto per l’operazione più importante di tutte: mescolare.
Gorgoglìo, tintinnìo. Missione compiuta.
Rita è in salotto e nel frattempo ha preparato il vassoio con cinque tazzine.
Quattro di quelle cinque sono di materiale fine, con ricami elegantissimi e bordi dorati, esattamente come il vassoio, la zuccheriera e Rita stessa; una invece è semplice, bianca e vissuta. È quella di Stefano.
Lui beve solo da quella. Sempre da quella. La porta con sé ovunque vada, ovviamente assieme alla caffettiera.
“È come coi violini, se non la usi poi perde.”
Non ho mai capito come faccia o quale sia il segreto, credo non lo sappia nemmeno Stefano.
Mi guarda con occhi sorridenti e me lo conferma: non lo sa nemmeno lui.
Il caffè è servito ed è eccellente, come ogni volta.