Il cappello rosso

11 ottobre 2018

– Allontanati un po’, non è il dettaglio che andiamo cercando in questo scatto, ma il paesaggio. Cerca di catturare quella lingua di roccia, guarda che rosso meraviglioso..
– È il sommaco, nonno. Il Carso, che si tinge di rosso per il sangue dei soldati caduti.., non mi ricordo dove l’ho letta questa. Hai combattuto anche tu qui?
– No, no, Colto, non sono così vecchio. Qui ci hanno fatto la Grande Guerra. Io ho combattuto nella seconda, ma non da queste parti.

Lo guardavo mentre armeggiava col treppiede a pochi passi dal muretto. Qualche centimetro più in alto, occhiata nel mirino, leggero giro dell’obbiettivo, qualche centimetro più in basso, occhiata nel mirino.
Indossava giacca, camicia, cravatta e gilet, come sempre. Mai che l’abbia visto vestito in altro modo.
Di diverso dal solito aveva uno strano cappello rosso a proteggere i suoi pochi, curatissimi, capelli argentati.
Inusuale ma inspiegabilmente familiare.

– E dove sei stato?
– Ero tra quelli che dovevano andare al fronte russo. In pochissimi sono tornati, te lo ricordi Edoardo? Il marito di Battistina. Lui però aveva il fisico, era un omaccione. Non come te ora ma per i tempi lo era eccome.
– E come hai fatto ad evitarlo?
– Ah, in Francia io e i miei compagni ci siamo dovuti fermare. Sono tornato a piedi da lì, avevo con me un violino e i pochi viveri che ci passavano. Dormivo dove capitava, nei fienili, sulle montagne..
– Un violino?
– Prima di scoprire la fotografia, avevo studiato per quattro anni violino. Ho abbandonato lo strumento, ma la passione per la musica non mi ha mai abbandonato.
– E ce l’hai ancora quel violino?
– L’ho scambiato con dei saponi francesi. Poi però ho perso la valigia, non saprei nemmeno dire dove. Ecco, prova a scattare adesso.

Da tempo provava a trasmetterci la sua passione di sempre, la fotografia.
Con me non è mai riuscito, con un paio degli altri della famiglia il seme aveva fortunatamente dato frutto.

– Come mai non usi macchine digitali, nonno?
– Non sono così vecchio ma sono comunque troppo vecchio; non ho più tempo.
– La pellicola è meglio?
– No, no, Colto, al Clup mi hanno mostrato alcuni lavori fatti con macchine digitali. Erano stupendi. E puoi scattare quante volte vuoi, si sbaglia molto meno.
– Come capisci che un lavoro è stupendo?
– Non c’è una risposta che valga per tutti. Io sono un po’ all’antica; amo l’immagine bella in tutti i sensi, la composizione perfetta, con linee cadenti, non deformate o solo un poco dall’uso del grandangolo..

La macchina fece clic sotto al mio dito poco convinto. Puntava al mare, come gli avevo chiesto io.

– Per uno come me, accettare di non poter vedere immediatamente il risultato è complicato…
– Scattane un’altra, Colto, la luce è quella giusta.
– Cosa devo cercare di catturare?
– Quello che vedi, Colto. Non cercare di scoprire un contenuto nascosto al di là di quanto si vede. Cerca di riprodurre il reale: guarda che meraviglia..
– Non ho il tuo occhio, nonno.
– Diceva così anche il tuo papà, e invece era bravo. Solo non ha mai voluto.

La macchina fece un secondo clic, questa volta più convinto. Pierino prese con sé l’intera struttura.

– Vieni, andiamo a cercare dei fiori.
– Basta paesaggi?
– I paesaggi mi piacciono ma ne abbiamo già fatti molti e il rullino sta finendo. Ora riprendiamo qualche bel fiore a distanza ravvicinata. Alcuni dei miei scatti più belli sono di fiori, ti ricordi le diapositive?
– A me piacevano quelle di Varenna.
– Sì, sono molto belle, ma è perché Varenna è molto bella. Tutte le nostre zone sono molto belle, dovresti tornare.
– Non ancora, nonno, forse tra un po’.
– E ce l’hai un lavoro qui? Perché non riprendi gli studi? È importante, dammi retta.
– Hai ragione, però ormai sono vecchio anch’io..

Una folata di vento fece cadere a terra il suo cappello. Lo raccolsi e glielo rimisi in testa.
Mi guardò ridendo. Grazie, Colto.
Piccolo Pierino, potrei metterti in tasca.

– Questo cappello lo conosco, nonno, com’è possibile?
– È della nonna, me l’ha prestato per questa giornata con te perché non voleva mi scottassi la testa.
– Dov’è la nonna ora?
– È su una panchina al sole, mi sta aspettando. Appena finisco con te glielo restituisco.
– Sicuro che non si annoi da sola?
– No, no, Colto, è abituata ad aspettarmi per lunghi periodi ed è molto contenta quando passiamo del tempo assieme.
– Anch’io lo sono. Potevi portarla, guarda che panorama..
– La prossima volta, magari. E non preoccuparti, la vista non è male nemmeno dalle sue parti. Un giorno ve la mostreremo. Però tra un po’, adesso andiamo a cercare dei fiori..