Ritmo.
Lo percepisco immediatamente appena imbocco la prima via stretta del paesino in festa.
Ritmo, ritmo.
Accelera, accelera, accelera sempre di più, accelero il passo per seguirlo e infatti mi porta a destinazione.
Guardo in alto, tetti di case che si sfiorano e balconi intrecciati, muri che si sgretolano e finestre spalancate.
È quasi Ottobre ma fa ancora molto caldo, così entra l’aria buona, quella fresca e quella della festa.
Ritmo, ritmo, musica. Il paese è in festa.
Alla batteria c’è Junior, maledetto talento; suona come se fosse costretto a farlo ma colpisce tamburi e anime proprio là dove vogliono essere colpiti.
Lo segue Zu, con lo sguardo e col basso.
Lo guarda ogni tanto e gli brillano gli occhi. Poi li chiude e continuano a brillare, mentre la musica lo riempie; lui la lascia fare ben oltre a quella che è la sua effettiva capacità.
Lo segue anche un signore coi capelli grigi, i pantaloni arancioni e la chitarra in mano. E ride. Non ha smesso un secondo.
È il padre di Françoise, non ci avevo fatto caso.
Sua figlia ha l’animo gentile, caro signore, l’ho guardata negli occhi; non sa quanto mi piacerebbe conoscerla.
Il ritmo cambia, diventa più funk, vino e chiacchiere continuano a scorrere, il padre di Françoise si accende la sigaretta appena arrotolata. E ride.
Mi perdo tra le vie e contribuisco in silenzio al rumore.
Sbuco in una piazzetta gremita; su un tavolo vino, formaggi e focacce, attorno al tavolo persone, sorrisi e facce.
Ci sono i soliti, ci sono gli sconosciuti, non fa molta differenza, vino e chiacchiere per tutti.
C’è anche Françoise, sfuggente e abbronzata. Meravigliosa.
Cerco di infilarmi in discorsi ai quali non appartengo, non mi riesce granché bene ma nessuno ci fa caso, non importa.
Stasera non conta.
Stasera conta una cosa soltanto.
Ritmo.