Jam session

23 settembre 2018

Ritmo.
Lo percepisco immediatamente appena imbocco la prima via stretta del paesino in festa.
Ritmo, ritmo.
Accelera, accelera, accelera sempre di più, accelero il passo per seguirlo e infatti mi porta a destinazione.
Guardo in alto, tetti di case che si sfiorano e balconi intrecciati, muri che si sgretolano e finestre spalancate.
È quasi Ottobre ma fa ancora molto caldo, così entra l’aria buona, quella fresca e quella della festa.
Ritmo, ritmo, musica. Il paese è in festa.
Alla batteria c’è Junior, maledetto talento; suona come se fosse costretto a farlo ma colpisce tamburi e anime proprio là dove vogliono essere colpiti.
Lo segue Zu, con lo sguardo e col basso.
Lo guarda ogni tanto e gli brillano gli occhi. Poi li chiude e continuano a brillare, mentre la musica lo riempie; lui la lascia fare ben oltre a quella che è la sua effettiva capacità.
Lo segue anche un signore coi capelli grigi, i pantaloni arancioni e la chitarra in mano. E ride. Non ha smesso un secondo.
È il padre di Françoise, non ci avevo fatto caso.
Sua figlia ha l’animo gentile, caro signore, l’ho guardata negli occhi; non sa quanto mi piacerebbe conoscerla.
Il ritmo cambia, diventa più funk, vino e chiacchiere continuano a scorrere, il padre di Françoise si accende la sigaretta appena arrotolata. E ride.
Mi perdo tra le vie e contribuisco in silenzio al rumore.
Sbuco in una piazzetta gremita; su un tavolo vino, formaggi e focacce, attorno al tavolo persone, sorrisi e facce.
Ci sono i soliti, ci sono gli sconosciuti, non fa molta differenza, vino e chiacchiere per tutti.
C’è anche Françoise, sfuggente e abbronzata. Meravigliosa.
Cerco di infilarmi in discorsi ai quali non appartengo, non mi riesce granché bene ma nessuno ci fa caso, non importa.
Stasera non conta.
Stasera conta una cosa soltanto.
Ritmo.