La casa che poi

14 marzo 2014

E niente, che poi pensavo che alla fine alla grammatica mica ci pensi in situazioni come questa, che alla fine basta che il concetto viene fuori e che capisci quello che stai dicendo.
Pensavo che frasi impegnative tipo se sarei mica le usi se devi essere corretto, l’importante è essere corretto anche senza essere per forza del tutto corretto.
Pensavo che nella vita come nella grammatica ci sono cose che mica ci pensi bene a come farle e poi che le fai e basta, tipo a me oggi dicevano che mi danno una casa che ieri mica me la davano, ma io non so se la prendo e comunque non me la prendo se ieri non me la davano perché in fondo oggi mi hanno detto che me la danno e se me la danno io ci penso su e valuto.
Tipo che è una bella casa, una casa che la spieghi senza tanto stare a correggerla, la grammatica o la vita. Pensi che fuori c’è una specie di paese nel paese e che poi dentro invece è un po’ tutto moderno e va bene così, tutti capiscono e nessuno si offende perché sei stato corretto. Nemmeno tu.
Che poi non è corretto invece il tizio che la vende, la casa, perché un giorno dice che me la dava e il giorno dopo dice che non me la da perché c’è un altro tizio che la vuole.
Io a Gioppi volevo dirglielo che mi dispiace che la casa non me la da a me, perché in fondo mi dispiace ancora adesso e la casa non me la da ancora adesso, però a Gioppi cosa cambiava se glielo dicevo che mi dispiace ancora adesso, tanto lui al tizio che la vende mica può dire che non è corretto non essere corretto e la cosa finisce lì e niente.
E invece poi salta fuori da Gioppi che il tizio che vende la casa forse non la vende all’altro tizio perché non ho mica capito e quindi la vuole dare a me perché non ho mica capito nemmeno quello, però comunque quella casa è bella anche senza tutta questa attenzione alla grammatica o alla vita e quindi sono contento e posso pensare di più alla grammatica e alla vita per raccontare e per vivere quella casa.
Che poi, insomma, mi sembra corretto.