– Guarda questa, ha un sacco di anni ma è ancora una potenza..
Teneva tra le mani una radio Sony, portatile ma molto ingombrante, considerato il genere.
– Questa prendeva le frequenze iraniane, pensa. Ma è accesa secondo te?
Armeggiava con dei pulsanti sul lato facendo roteare l’enorme antenna retrattile. Nessuno degli schermi grigio-verdognoli sembrava accendersi e non si udiva alcun suono.
– Quella per le radio è una vera e propria fissazione che ho fin dall’infanzia.
Me l’ha attaccata mia madre. Ascoltava sempre Radio Londra da una di quelle ingombranti radio che c’erano ai tempi, con quei valvoloni giganteschi grossi il doppio di questa cassa, non so se hai presente.
La ascoltava con le cuffie perché era illegale. Se ti beccavano erano guai.
In ogni condominio c’era un fascista incaricato di identificare eventuali ascoltatori abusivi e segnalarli. Guai, ti dico.
Io ero bambino e non capivo chi o cosa stesse ascoltando, però rimasi affascinato.
Finita la guerra, iniziarono a girare in commercio le prime radio portatili, una meraviglia.
Chiesi a mio padre di regalarmene una ma mi disse che non se ne parlava proprio: costavano ventimila lire e allora lo stipendio di un impiegato era sui centomila.
Solo il Regazzoni ne aveva una, ma era il medico di un’importante squadra di calcio. Lo vedevi in giro con quella cosa messa così, sulla spalla, pensa.
Camminava tutto così.
E un giorno, dal nulla, mio padre me ne portò a casa una, e per me fu la fine del mondo.
La ascoltavo ad ogni ora, a tutte le ore. Mi alzavo alle cinque del mattino per seguire le lezioni di spagnolo.
Te l’ho detto, una vera e propria fissazione.
Pensa che quando sono andato in Giappone con una delegazione locale, ho chiesto di poter visitare la Sony.
Mi hanno accolto come fossi un importantissimo industriale, con cerimonie e quant’altro.
Avevo ricevuto in dono una radiolina spessa come una carta di credito, sottilissima. L’ho persa chissà dove e non ne ho mai più viste in giro.
Nel portafogli, la potevi mettere.
E ho visto le prime tivù grosse. Ma grosse grosse, come da noi si sarebbero viste almeno due o tre anni dopo.
Da noi c’erano le Mivar, lo conosci quello della Mivar?
Era un originale, tutti vendevano le tivù a cinquecento e lui le vendeva a cento. “In ogni casa deve esserci una tivù” diceva.
Era un originale, non aveva nemmeno un ufficio, aveva un tavolo in un magazzino, in mezzo alla merce..
Su uno degli schermi grigio-verdognoli comparve una serie di righe grigio scuro e la radio iniziò a gracchiare qualcosa di indistinguibile.
– Funziona, vedi? Questa è ancora una potenza..