«Cinque e mezzo. Strade deserte. Anche il sole sta ancora dormendo.
C’è qualcosa di magico nel sedersi su quest’auto.
Avviarla, anche solo avviarla. Senti il canto del sei cilindri; ti stava aspettando, non vedeva l’ora.
Accendi le luci e guardi le due ore che hai davanti: strade che tagliano colline, scorrono e si annodano più che possono, e la sinfonia di quel motore.
Nient’altro, non vuoi nient’altro.
Senti l’odore dello scarico. Della benzina.
Non è un’auto moderna, questa, non è un’auto pratica.
Da quelle esci pulito e rilassato, da questa esci e odori di sapore, odori di brutale.
Di qualcosa che poi è difficile togliersi di dosso.
Non è spostarsi dal punto A al punto B. Non è trasporto.
È libertà.
Libertà della mente, da qualsiasi faccenda in cui si sia incastrata. Uno spazio nel quale non vuoi e non puoi pensarci, almeno per un po’.
Quando inizi a danzare con quest’auto, devi a lei tutta la tua attenzione. Devi darle tutto quello che hai.
Non ai tuoi problemi, non al tuo lavoro, non a tutto il resto… ad una sola cosa devi pensare: a guidarla.»