– È molto che dorme?
– Tre settimane. Da quando è tornato dalla città.
Rispose senza girarsi.
Guardava fuori dalla finestra, attraverso le tende. Una luce più primaverile del dovuto avvolgeva la sua sagoma scura.
– Ti fermi ancora molto? – continuai
– Sono di passaggio, vengo ogni tanto a dare un’occhiata. Spesso, ultimamente.
– Mi dispiace.
– Anche a me. Non è un lavoro facile il mio.
– Pensavo ci provassi gusto.
– A nessuno piace quello che faccio, nella maggior parte dei casi nemmeno a me. Guardala. Sa che sono qui ma finge di non vedermi e vorrebbe che fossi lontana. O concentrata su altro.
Andò lentamente a sedersi sul letto. Lo scrutò con occhi vivaci e stanchi.
– Sembra un tipo simpatico.
– Lo è. All’inizio non mi piaceva, poi ho imparato ad apprezzarlo.
– Come lo hai conosciuto?
– La sua figliastra. Io capivo qualcosa di computer, loro molto poco. È stato il mio primo cliente “mio”. Venivo da loro in calzoncini e canotta sportiva e mi trattavano come un professionista esemplare. Sei maturo per la tua età, mi aveva detto. Ogni tanto mi fermavo a cena, erano conversazioni divertenti. Non mi facevo mai pagare.
– Non sei mai stato bravo in quello.
– Decisamente no.
– E cosa fa?
– Qualcosa con le barche, barche di lusso. Mai capito. Non le costruisce ma discute su come costruirle, non le progetta ma ha tutti i disegni. Certe volte doveva tenere dei tempi. Un giorno me ne ha mostrata una e gli ho chiesto quanto costasse…
– E?
– Era scoppiato in una risata fragorosa quando gli ho comunicato la cifra che immaginavo. Costa venti volte tanto, mi aveva detto. Parliamo di milioni.
– Quelli sanno farsi pagare.
– Decisamente, sì.
Lei era alle mie spalle ma non ascoltava la nostra conversazione.
Non voleva ascoltarla.
Guardava lui.
Infilò il dito sotto la sua mano perché lo afferrasse.
Non lo afferrò.
– La distruggi, così.
– Lo so, mi dispiace, non faccio io le regole.
– E chi le fa?
– Non indovineresti mai, come con quella barca.
– Era una gran bella barca.
Prima di uscire dalla stanza, gli accarezzai una spalla.
Solo ossa. Le sentii respirare.
“Ciao ragazzo, non so quando ci rivedremo ancora. Buona navigazione. E grazie.”