Capita che uno debba alzarsi presto alla domenica mattina per accompagnare qualcuno in stazione.
Capita anche che uno decida di non tornare a casa ma di improvvisare un’alternativa, sedersi in riva ad un lago a leggere un libro tutt’altro che allegro, circondato da qualche anatra poche oche che dormono in posizioni che uno non immagina, abituato com’è a vederle nuotare o trotterellare in giro.
Capita che uno abbia freddo in situazioni del genere e che quindi decida di fare un giro da qualche altra parte, magari trovare un posto dove fare una buona colazione, la terza per la precisione.
Capita che uno vada in posti che generalmente sono affollati e pieni di parole e li trovi vuoti e addormentati, eppure accoglienti, forse persino più del solito.
Capita che uno pensi di chiamare qualcuno per condividere questi momenti particolari, salvo poi realizzare che la sera prima erano tutti andati a un evento a cui tutti dovevano andare, e che quindi probabilmente tutti stavano dormendo.
Tutti, tranne uno.
Uno a questo punto può anche decidere di tornare a casa, pieno di inutili piccolezze alle quali non era affatto abituato, piccolezze alle quali di solito uno non fa caso, o che addirittura considera noiose.
In realtà lo sono, diciamolo, capita però che queste noiose piccolezze possano mettere uno di buonumore, tanto da spingerlo, una volta tornato a casa, a raccontarle a qualcun altro.
Uno può realizzare di aver vissuto di più in quasi quattro silenziose ore della domenica mattina che in molti dei mesi precedenti, pur senza saperne spiegare il motivo.
Sempre che ce ne sia uno.